calcio

lunedì 5 maggio 2014

Siamo figli di una cultura che non cambierà mai

Oggi, 5 maggio, data che a molti ricorda eventi più o meno catastrofici, si potrebbe discutere di una Juventus che realizza, grazie al clamoroso crollo della Roma a Catania, quello che tutti prima o poi si aspettavano, ovvero la conquista del terzo scudetto consecutivo, il trentesimo (o trentaduesimo se preferite) della sua storia. Si potrebbe parlare di una lotta per l'Europa che si fa più intrigante dopo il derby-noia vinto, comunque meritatamente, dal Milan; oppure di una lotta per la salvezza ancora aperta, nonostante qualche settimana fa sia il Catania che il Sassuolo, oltre al Livorno, sembravano spacciati. Ma invece no. Vorrei soffermarmi su quanto di insensato è accaduto sabato sera, quando il calcio, quello italiano, è andato in secondo piano, rimettendo in luce aspetti di cui certamente non possiamo andare fieri.

IL NOSTRO CALCIO NELLE MANI DEGLI ULTRAS- Non è la prima volta che scrivo sul potere che, oramai da qualche anno, le frange più facinorose dei tifosi (o criminali se preferite) hanno acquisito all'interno del sistema calcio. Lo avevo fatto, ad esempio, parlando della partita-farsa Salernitana-Nocerina, che aveva già messo in cattiva luce il mondo del pallone all'interno dei nostri confini e non solo. Adesso, è mai possibile che un capo-ultrà, figlio di un camorrista e libero di mostrare in mondovisione una maglia con su scritto "Speziale libero", possa decidere se una finale di Coppa Italia si debba giocare o meno? Ora, ovviamente tutte le autorità, compreso il ministro degli Interni Alfano, hanno negato qualsiasi tipo di trattativa con le due tifoserie, ma già di per sé questa affermazione stride tantissimo con quello che abbiamo visto allo stadio. Non è accettabile che il prefetto, il questore o chicchessia debbano pregare un calciatore per dirigersi verso la curva occupata dai propri tifosi e convincerli per giocare una finale. Chi decide l'inizio di una sfida è l'arbitro e non il tifoso. E' inaccettabile che ancora nel 2014 la stampa estera si prenda beffe di noi, vittime di gente che con il calcio non dovrebbe avere niente a che fare.

PRENDERE COSCIENZA DELLA VIOLENZA NEL CALCIO- Fa ancora più rabbia sentire che gli eventi che hanno preceduto la partita di Roma non hanno nulla a che fare con il calcio. E' come dire che le rapine non hanno nulla a che fare con le banche. E magari neanche l'omicidio dell'ispettore Raciti riguardava Catania-Palermo. E' questo un tipico tratto di una cultura italiana ancora incosciente di fronte alla realtà. Se si vuole cambiare questo modo di pensare (che a mio giudizio non muterà mai) si deve innanzitutto prendere consapevolezza del problema che affligge il nostro calcio, perché in caso contrario sarebbe impossibile risolvere il problema. La violenza nel calcio italiano esiste e deve essere combattuta con mezzi totalmente differenti da quelli attuati finora. E' inammissibile che prima di una festa, come sarebbe dovuta essere Fiorentina-Napoli, debbano avvenire eventi vergognosi e quasi delittuosi, che il giorno dopo avrebbero oscurato ciò che sarebbe dovuto essere in copertina. E' inaccettabile che Roma sia ancora teatro di scontri che hanno portato, come unico provvedimento, lo slittamento di tutti i derby della Capitale alla domenica pomeriggio. Noi italiani, con la nostra cultura cieca, non impariamo mai dai nostri errori.

BASTA PARLARE DI MODELLO INGLESE- E poi a che serve riempirsi la bocca del tanto famoso modello inglese attuato negli anni Novanta se poi si agisce in tutta altra direzione? In Inghilterra gli hooligans sono stati combattuti ed estirparti sin dalla radice attraverso la severità e il rigore, attraverso l'azione delle stesse società, costrette ad impedire che i tifosi più facinorosi entrassero negli stadi previa salati provvedimenti. Sono stati costruiti impianti a norma che oramai accolgono solo famiglie o comunque gente che ha come unico scopo quello di guardare una partita di calcio. E in Italia, invece? Si è creduto che la tessera del tifoso potesse combattere i tifosi più caldi, mentre l'unico effetto deleterio è stato quello di colpire lo spettatore medio e le famiglie che ad uno stadio non vogliono nemmeno avvicinarsi. Risultato? Stadi vuoti e desolati. Che tristezza. Premetto che, ancora una volta, secondo me questa situazione continuerà e non si risolverà: in Italia non ne siamo capaci. Ma se proprio si deve cercare di fare qualcosa, bisogna allora mirare e fare la guerra proprio contro quella gente che sabato sera era libera di trattare con le autorità.

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